Il paese di Roccamalata.

da ciminnAttiva
cracoNel paesino di Roccamalata, situato in una ridente vallata della Sicilia meridionale, tutto era sempre andato bene, andava bene, e sarebbe continuato ad andare bene, e a nessuno degli abitanti passava per la testa di lamentarsi di niente.
Sembrava il paese dei balocchi, una piccola Svizzera nel cuore della Sicilia.
Se pur situato nell’entroterra siculo, il paese offriva tutto, o quasi tutto.
C’erano scuole, anche superiori, c’erano ristoranti, supermercati, negozi, banche,  chiese ricche di opere d’arte che non avevano eguali nei dintorni, (almeno a detta dei Roccamalatesi) parchi per bambini, biblioteche, c’erano gli autobus che portavano a Palermo etc etc….
Insomma non mancava niente, c’era perfino il municipio: bello, bianco e imponente, dove un imprecisato numero di gentili impiegate e di gentili impiegati, ogni giorno alle otto e qualche cosa, apriva il portone di vetro, e sotto la saggia e lungimirante guida di ottimi amministratori, si facevano in quattro e s’era necessario anche in cinque per dare al fortunato cittadino di Roccamalata tutto quello che una moderna macchina comunale deve dare.
C’era chi organizzava affollatissime conferenza a tema, dove chiunque poteva prendere la parola e dibattere di qualsiasi cosa liberamente.
La mobilità sociale era garantita a tutti, anzi era favorita da pratiche bene oleate che permettevano a chiunque avesse parenti amministratori, di entrare spazzino e diventare direttore, anche senza il titolo di studio adatto (quello si recupera in qualche modo). In quel paese nessuno si stupiva di queste cose, nessuno si chiedeva come mai, nessuno pensava che, oltre ai parenti amministratori, per fare bene le cose bisognava saperle fare.
A Roccamalata tu potevi entrare come autista e poi ritrovarti quasi per incanto a dirigere un ufficio. Queste cose che in altri posti erano impossibili a Rocca invece erano quasi la norma, altro che sogno americano, altro che emigrare come avevano fatto certi coglioni, qui potevi coronare i tuoi sogni anche se non sapevi fare una mazza.
Per non parlare dei miracoli avvenuti nella storica banca paesana “Brachium viridis et brachium siccus”, fatti eccezionali sono successi, da campo dei miracoli di Pinocchio, dove bastava seminare un pò di monete la sera per ritrovarsi ricchi la mattina; ma di questo ne parleremo dopo.
A Roccamalata si producevano anche personaggi che si occupavano di ricostruire la storia, topi di biblioteca, che con zelo e competenza studiavano e scrivevano dei fasti e dei fatti della Rocca del passato. Naturalmente solo del passato, perchè il presente era così lindo e candido che non c’erano spunti interessanti.
Tutto a Roccamalata era quasi perfetto, a parte il nome (maledizione a chi lo aveva pensato), ma come si fa a chiamare così un siffatto luogo di felicità?
Comunque ogni sindaco, e ogni candidato sindaco aveva sempre promesso che appena eletto il nome sarebbe stato cambiato, ma purtroppo i sindaci e i pretendenti sindaci si succedevano  nel tempo e il nome restava ancora tutto lì, ma gli ottimisti malatesi non perdevano mai la speranza.
Nel frattempo venivano organizzati simposi e dibattiti per decidere l’eventuale nuovo nome da dare a quel ridente paesello.
Non ci crederete ma quelle erano occasioni di furibonde lotte verbali e talvolta anche fisiche tra i paesani e sovente causa di liti fra amici e parenti.
Tant’è, che nel nome della pace, l’ultimo sindaco aveva emanato un’ ordinanza che proibiva di trattare l’argomento, almeno fino a quando non ci fosse stata all’orizzonte la concreta prospettiva di cambiare quel nome irriverente. irreale e offensivo.
Non posso avendo parlato di sindaci, esimermi dal dire quanto bravi erano i Roccamalatesi a scegliere gli amministratori ad ogni tornata elettorale, sceglievano con cura tra le varie candidature e non sbagliavano mai.
I Malatesi al Comune mandavano sempre il meglio del meglio, la crema del paese e certe volte anche la panna e la ricotta.
Se avessero potuto, i paesani avrebbero mandato a comandare anche l’opposizione, tutti insieme a fare una bell’ammucchiata di crema amministrativa.
Purtroppo però la legge non lo permetteva, non era possibile, altrimenti il Malatese, incline com’era per natura alla pace, non avrebbe mai distinto in vincitori e vinti, i gruppi di gentildonne e di gentiluomini, che ogni cinque anni si accoppiavano e si contendevano in maniera garbata la vittoria alle elezioni comunali.
Dobbiamo aggiungere che comunque, non appena i perdenti e i vincitori, varcavano la soglia marmorea del municipio ci pensavano loro stessi a diventare tutta una cosa e a lavorare unitì per il bene del paese.
Che bellezza, che nobiltà d’azione che cuore grande i politici malatesi avevano.
La mafia a Roccamalata? Naturalmente, non esisteva nè d’altronde sarebbe mai potuta esistere, perché si sa la malerba non attecchisce nei campi ben coltivati e fra la gente timorosa di Dio, tutta dedita al prossimo, all’archeologia, all’architettura, all’arte e alla musica.
E se non bastasse, Roccamalata vantava anche un eccezionale record, che tutti i paesi viciniori gli invidiavano: le vocazioni sacerdotali; segno inequivocabile della bontà del cittadino di quel paese,  e tratto distintivo del patrimonio genetico di quella comunità.
A guardarlo da lontano, dalla strada di Mortiritunnu al calar della sera, quando ancora non era nero, e la luce del giorno non si era arresa del tutto alle spire tristi della notte, il paese sembrava una bomboniera.
Un gioiello di gesso e cemento, adornato da una giungla di antenne televisive e di contenitori di plastica sui tetti, con le chiese incastonate qua e là a fare da brillanti.
Poche luci giallognole illuminavano i tetti e le strade, che da lontano il silenzio avvolgeva con atmosfere magiche e incantate.
Volgendo lo sguardo a destra, della quasi nuova trazzera di Mortiritunnu, si vedeva il cimitero anch’esso illuminato, anch’esso in silenzio.
Che bella quella prospettiva: il paese dei vivi davanti e il paese dei morti a destra, due comunità che nella fioca luce delle lampade a risparmio energetico sembravano così simili, molto simili, forse un pò troppo simili.
Certo anche di giorno la vista era decente, sempre da lontano però, perchè da vicino le strade avevano così tante buche che sembravano dei campi minati, dove un esercito incauto aveva marciato da poco, c’erano fili della luce penzolanti ovunque, i  prospetti delle case decrepiti e cadenti, altri colorati in stile naif più adatti a un ambiente caraibico che mediterraneo etc etc..
Ma quanto erano belle le panchine nuove, costate un occhio della testa ai Malatesi, che soddisfazione quei cestini artistici, dove quasi nessuno buttava niente.
Ma comunque il Malatese era ottimista, guardava sempre avanti ed era contento e beato, non si lagnava, non criticava e partecipava sempre in massa a tutte le manifestazioni sociali.
Anche perché non c’era nulla di cui lamentarsi, c’erano numerose e ottime corporazioni religiose che organizzavano una processione ogni paio di settimane, così uno aveva la possibilità di uscire, c’erano associazioni culturali senza seconde finalità, onlus senza terzi scopi etc etc..
E soprattutto un’amministrazione eccezionale, composta da gente generosa e disinteressata, che nella vita aveva sempre fatto politica non per prendere appalti o trovare posto per se o per i parenti, ma per il bene degli altri.
La gente di Roccamalata era orgogliosa dei propri amministratori e si fidava così tanto di loro che nessuno andava a guardare i consigli comunali o a leggere le delibere o le determinazioni.
Perché a nessuno sarebbe mai passato per la testa che un Roccamalatese, se pur divenuto amministratore, si sarebbe mai approfittato di un centesimo pubblico, avrebbe mai ceduto alle lusinghe del potere o alle sirene della vana gloria terrena e del denaro.
Però dire che proprio nessuno si lamentava non è democratico, poichè a dir lo vero qualche rompiscatole in paese c’era.
Per fortuna questi rompiscatole erano tenuti in scarsa considerazione, anche perche spesso questi criticoni ad ogni costo, era gente che non andava in chiesa, non faceva volontariato, spesso non salutavano e quasi sempre erano ex comunisti.
Insomma dei rinnegati che non volevano avere niente a che fare con gli altri e che entravano in campo solo quando c’era da criticare, e spesso lo facevano a “sfunnapalummi”.
Il resto degli abitanti di Roccamalata, erano tutte persone intelligenti, infarciti di  una lunga serie di incrollabili certezze, gente a modo, grandi lavoratori, timorati di Dio, che si facevano i fatti loro e parlavano sempre bene di tutti.
A ragionar di verità anche lo sparlamento era una pratica che nel paese esisteva, tuttavia essa  era praticata con gentilezza, mitezza  e altruismo, come si addice alla gente per bene.
Lo sparlamento del Malatese era fatto con  con rispetto e bontà, e soprattutto di nascosto e quasi sempre a tre sponde.
Tant’è che se qualcuno in paese (coccia cuntati) riceveva dal consorte o dalla consorte quell’involontario sgarbo, che in Sicilia è plasticamene raffigurato con le due prominenze ossee che fuoriescono dalla testa dei tori e dei becchi, questi sventurati signori erano gli ultimi a venirlo a sapere e certe volte nemmeno lo apprendevano.
La bontà del cittadino di Roccamalata si manifestava, nei confronti del malcapitato compaesano, con questo fare protettivo e rispettoso.
Il malatese quando parlava di questi argomenti lo faceva con ritrosia e sempre con le lacrime agli occhi per la pena.
Se andavi a fare uno sgarbo a qualcuno ed eri visto, potevi stare tranquillo, il Malatese non ti avrebbe mai tradito, lui era sempre per il prossimo.
Bella e brava gente i Malatesi, se avevi bisogno di un pò di sale, di due cipolle o di qualsiasi altra cosa, essi aprivano il loro grande cuore e ti davano quello che ti serviva.
Tutti andavano ad accompagnare i morti fino al camposanto.
Il rito dell’accompagnamento dei defunti era molto sentito a Roccamalata, e la gente naturalmente non andava nemmeno a lavorare pur di non mancare all’accompagnamento del feretro fino all’estrema  dimora terrena.
Che gente per benissimo viveva in quel paesino, baciato dalla buona sorte e guidato dalla buona bussola di amministratori saggi e responsabili.
In quei mesi, questi saggi amministratori, stavano dando il meglio di loro stessi.
Conoscendo il gran cuore dei paesani, avevano aumentato tutte le tasse, per pagare un po di debiti che aveva fatto il sindaco di prima, (che prima era contro il sindaco attuale, ma poi si era pentito e accolto come il figliol prodigo) e forse anche per onorare qualche promessa.
Ovviamente nessuno in paese si era lamentato, (anzi il 99% era all’oscuro  dei debiti) , e quell’1% informato era in un modo o nell’altro della partita.
Comunque possiamo affermare che se anche il paesano malatese avesse saputo, nulla avrebbe trovato da ridire, perché ciascuno avrebbe pensato che quei debiti erano stati contratti per scopi nobili, servivano a dare da mangiare a padri di famiglia che alla casa comunale si erano rivolti per un pezzo di pane e tirare avanti.
Anzi il nuovo, grande sindaco, aveva aumentato l’importo di quei debiti, proprio per meglio favorire questi padri di famiglia, per non fare mancare loro proprio niente.
Poi, cuore grande, non aveva chiesto pezze d’appoggio fatture o altre minchiate burocratiche, l’elemosina quando si fa, si fa senza farsi tante domande. Che splendore di sindaco.
I cittadini? Contentissimi, anzi contentoni.
E che dire dei consiglieri comunali? Hanno avuto dubbi a partecipare a questa sagra della bontà?
Ma manco a dirlo, loro erano e sono più buoni del pane, più dolci dei taralli, più docili dei chiwawa.
In consiglio fu uno sfoggio armonioso di mani per aria e di parole (pochissime) di comprensione per la situazione di quei padri di famiglia.
Ho citato questo piccolo aneddoto, quale illuminante  esempio del cuore e della voglia dei Malatesi di essere d’aiuto di chi ha bisogno, di dare a chi chiede senza farsi troppe domande (pensare stanca).
Solo un altro aneddoto vale la pena di narrare per rendervi ancora più edotti della natura dei protagonisti delle vicende future delle quali vorrò occuparmi, e poi mi addentro nella storia che voglio raccontarvi.
L’aneddoto è quello  di una determinazione di un funzionario del comune, che possiamo considerare una rara perla di altruismo disinteressato, sponsorizzato con gli aumenti delle tasse che i paesani pagavano con gioia.
Una vera  ciliegina sulla torta, che contemperava in una unica nobile azione, voglia di cultura e bontà dei Malatesi. Un’idea che è venuta ad un brillante e importante funzionario comunale, che ha pensato che con 17.000 euro, si sarebbe potuto incaricare un equipe di studiosi, per togliere la polvere da alcuni libri e catalogare alcuni reperti archeologici di inestimabile valore storico, e dare vita così ad un progetto che avrebbe portato lustro al paese e un po’ di soldi agli studiosi.
Soldi generosamente elargiti dai malatesi, senza fiatare senza un lamento, uomini capaci di non comprare più nemmeno la scecca fellata per loro pur di dare a questi giovani e meno giovani studiosi.
Tutti concordi che in quel momento era prioritario catalogare un po di “sciaramiti” (come li chiama qualche mulo) e di togliere la polvere sopra i preziosissimi volumi in possesso della biblioteca comunale.
Uno dei soliti linguacciuti sfasciabummari, aveva detto che forse questo lavoro lo avrebbe potuto fare qualche impiegato del comune, è stato giustamente seppellito dalle risate degli eccellenti ed infallibili per definizione amministratori.
L’unico problema era che fra i più bravi studiosi del campo presenti nella comunità, c’era il figlio dell’ideatore del progetto e il fratello di un amministratore era capo degli studiosi .
L’ideatore e il capo degli studiosi potevano firmare lo splendido accordo?
Sicuramente a Roccamalata nessuno avrebbe trovato niente di strano se il padre avesse firmato, nessuno ne tra i cittadini ne in consiglio, avrebbe trovato la cosa sgradevole al palato, d’altronde ogni padre aiuta i figli, che cosa c’è di strano? E le promesse elettorali si devono onorare. Altrimenti che uomini d’onore siamo?
Ma forse al di fuori dei confini del paese dei balocchi, qualche persona malevola avrebbe potuto trovare la cosa di cattivo gusto e magari contestare di brutto.
E allora si siedono tutti attorno ad un tavolo e la soluzione la trovano assieme, che geni che erano i nostri  …… TO BE CONTINUED (MAYBE)
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