Come fu che a Roccamalata venne resuscitata la cultura.

 di ciminnAttiva

Che splendido paese Roccamalata!
Avevano ragione quelli che andavano da anni predicando che il turismo era il futuro del paese.
I visitatori e i turisti, numerosissimi  sia nei giorni di festa che in quelli lavorativi, affollavano le strade del paesino, guardavando maravigliati con procedere lento e attento (alle buche delle strade) le bellezze architettoniche, camminavano con il naso all’insù, discorrendo fra loro e cercando una spiegazione all’insolito nonchè ingeneroso nome che fortemente strideva con quello che i loro occhi vedevano.
Qunado incontravano un rocchese spinti da genuina curiosità chiedevano, con il garbo dovuto, lumi sulle origini storiche del toponimo, pensando che forse quello sfortunato e offensivo nome fosse stato attribuito, chissà a ragione di qualche inconfessabile  vendetta, da qualche governante del passato che non aveva trovato fortuna in quelle fertili vallate baciate dal sole e dalla bellezza della natura.
I rocchesi sul fatto avevano ciascuno una propria versione, chi ne diceva una chi ne diceva un’altra ma fondamentalmente anche loro brancolavano nel buio, e allora quando venivano interpellati sulla questione, iniziavano con il tipico sorriso delle persone ospitali stampato sulla facciata, ma a poco a poco si scaldavano e  cominciavano a litigare fra loro animatamente per dare forza ciascuno alla propria versione.
Gridavano e gesticolavano, intercalando talora il loro argomentare con qualche doverosa bestemmia, per convincere sia i turisti che i compaesani con i quali avevano ingaggiato il duello verbale, che stavano parlando sul serio e che quella loro non poteva non essere la verità.
Quasi ogni volta le liti si facevano cosi aspre anche da trasbordare dalla domanda sulle origini del nome del paese ai fatti personali di ciascuno di loro.
In questi casi i rocchesi davano il meglio di se, come si suol dire si “leggevano la vita” l’un l’altro con gran stupore e divertimento dei turisti che avevano posto la domanda, i quali dopo un pò, se pur divertiti, abbandonavano la combriccola litigante per continuare il loro peregrinare affascinato tra le attrazioni del paese.
Tutti gli autorevolissimi storici presenti e operanti in paese, avevano perso giornate e nottate intere a studiare carte, atti notarili, reperti storici e meno storici per dipanare l’intrigata matassa con risultati delundenti, anzi quasi nulli.
Non vogliamo qui dare l’impressione che gli storici comunali, fossero poco capaci anzi tutt’altro, come dimostra la loro copiosa produzione bibliografica, fatta di splendidi testi scopiazzati con arte di qua e di là. Testi che poi venivano presentati sempre in pompa magna (previo avviso al popolo tramite “tammurinata”), dalle autorità locali e dalle medesime autorità pubblicate a spese della generosa comunità dei rocchesi, i quali quando si trattava di foraggiare benemerite imprese culturali mai avevano mosso critiche o proferito verba.
I rocchesi partecipavano a queste manifestazioni numerosi e sempre a bocca aperta, ascoltavano i vari illuminati sproloqui culturali del sindaco, dello storico di turno e infine dell’illustre ospite  regolarmente invitato e che era quasi sempre lo stesso (che spesso godeva di fama quasi provinciale). Seguiva il dibattito regolarmente silenzioso e senza domande, tanto erano stati chiari gli oratori che non avevano mai lasciato l’ombra del dubbio nelle menti pronte dei paesani.
Comunque non voglio tediarvi  con le vicende legate al nome di Roccamalata, perchè ad un certo momento della sua storia, anche la cittadina che si vergognava del suo nome ebbe il suo gran momento.
Una fortunata serie di coincidenze favorite dalle  sagaci scelte dei rocchesi e dal favore degli astri,  fece si che per un lustro il paese fosse guidato dal meglio del meglio degli uomini di cultura che il paese potesse esprimere e supportato da altrettanti uomini e donne che mangiavano cultura e cacavano senno.
Tale situazione di grazia della cultura rocchese poteva cogliersi in mille maniere nelle variegate attività organizzate dalle varie benemerit associazioni locali. Ad esempio a capo dell’associazione Spro Loquius, era stato collocato, o vi si era collocato, un gentiluomo che in passato si era già distinto per il bene che aveva saputo fare agli altri, incurante del suo interesse peronale.
Il tale, infatti, nel passato era stato curatore della chiusura del “Comoncino  Ruspante”, nell’ambito di questa operazione aveva distribuito ricche e morbide mafarde ai Rocchesi, e lui si era accontentato delle mollichine. Chi meglio di lui avrebbe potuto guidare la Spro Loquius?
Uno che in passato aveva fatto capire di che pasta era fatto non poteva essere lasciato  fuori dal nuovo ciclo di produzione di bene pubblico in cantiere nella comunità.
Dicevamo la cultura a Roccamalata si respirava nell’aria, infatti bisognava anche stare attenti a non  respirare troppo profondamente per non rimanere intossicati.
Validi studiosi sventolavano i loro curricula con lauree conseguite all’estero presso fantomatici istituti conosciuti da pochi privilegiati,  e venivano posti a capo di altre importanti e libere associazioni. Insomma il delirio della cultura.
Ma il miele del miele di quest’atmosfera si respirava negli ambienti felpati della casa comunale, che erano, in quei giorni, diventati luoghi così culturalmente raffinati da incutere timore ai semplici rocchesi che per disgrazia si avventurava in quelle stanze oramai fuori dalla loro portata culturale.
La sublimazione di quella condizione poteva poi essere vissuta da chiunque, infatti in quel periodo bastava andare ad assistere ad un consiglio comunale per capire il perchè di tanto splendore e di tanta attività culturale ed economica
Assistere ad un consiglio comunale significava rimanere estasiati dal dibattito tra le parti, sempre informato, competente e trasparente, senza parlare poi del ricco, forbito e coerente linguaggio del comandante in capo.
Ogni tanto capitava che qualcuno degli spettatori presenti veniva addirittura colpito dalla famosa sindrome di Stendhal nella sua poco conosciuta versione oratoria.
Il  parlare del comandante non solo era colto e sapiente, ma anche farcito di citazioni prese in prestito dai migliori pensatori di tutti i tempi, inoltre (cosa che non guasta) era anche pregnato dall’autorevolezza del personaggio.
Il capo annichiliva tutti con la sua favella, e con la profondità delle sue riflessioni sulle cose della comunità, ciascuna sua parola infatti era pesata, era una sassata di saggezza contro gli accaniti (ma non troppo) oppositori ed era considerata dai suoi collaboratori come oro colato.
Nessuno osava, o per meglio dire, nessuno pensava di osare di discutere le proposte che il capo snocciolava con facile eloquenza e con il suo linguaggio aulico e poetante.
E non era solo la bravura nell’arte oratoria e la validità delle cose proposte dal capo ad intrappolare ed ammaliare i presenti, ma anche il suo cantilenante accento tosco-emiliano che, accarezzando il sensibile udito della platea, rendeva dolci le parole e convincenti i contenuti.
Tantissimi sono gli accadimenti degni di nota avvenute sotto la sua sapiente guida, che se mi mettessi a narrarli tutti dovrei sciupare tanto di quell’olio per la lampada da non averne poi abbastanza per friggermi le uova o prepararmi quei gustosissimi filoni di “pani cunsatu”, per i quali vado pazzo e ai quali, nonostante consapevole della meritoria opera che renderei al lettore del presente ma anche del futuro, non so e non intendo rinunciare.
Tuttavia mi pare qui cosa buona e mi spingo a dire doverosa, raccontare un fatto che ha rappresentato per quel tempo e per la storia tutta del paese una pietra miliare, una testata d’angolo.
Il fatto ovviamente potè avvennire per via della saggia guida del Cesare nostrano e del suo grande amore per la storia antica di Roccamalata.
Infatti fu durante la legazione del Cesare che  finalmente vide la luce un progetto atteso da diversi anni da tutti i rocchesi, evento che fece affermare a qualcuno, nella pubblica piazza cittadina, che finalmente il sole della cultura aveva ricominciato a brillare nel cielo di Roccamalata dopo cinque anni di oscurantismo.
Ma voglio anche rendere il lettore di altri comuni, che certamente si sta mangiando il fegato dall’invidia, edotto sul come Roccamalata aveva la fortuna di avere tale illuminata classe dirigente, capace di stillare oro anche dai sassi e cultura dalle sciaramite.
Il segreto stava tutto nel fatto che i rocchesi quando sceglievano i loro condottieri erano oculatissimi.
Il loro favore e il loro appoggio andava sempre a coloro i quali avevano dato lustro alla comunità, a gente che aveva un quadro chiaro del presente e uno sguardo consapevole verso le sfide future, gente che sempre si era resa protagonista di utili opere a favore di tutti, e soprattutto il favore dei rocchesi andava sempre a coloro che si erano fatti da soli.
Mai a Roccamalata sarebbe potuto succedere che a guidare le sorti del fortunato paese, potesse essere chiamato qualche leccapiedi che avesse pensato prima per lui e poi per i suoi strettissimi parenti, magari rinunciando ad un breve sogno a stelle e strisce per approdare obtorto collo, ad un più comodo sogno locale avveratosi per mano democristiana.
Mai a Roccamalata sarebbe potuto succedere che ad avere il consesno dei paesani, potesse essere qualcuno che avesse in passato usato la politica per inserire i propri parenti e i propiri amici nelle benemerite associazioni ecologiche operanti nel territorio.
Mai a Roccamalata avrebbero potuto varcare la soglia della casa comunale, con in mano le chiavi del vincitore, personaggi che dovevano la loro fortuna a padrini di battesimo, di cresima o di  altra natura.
Sempre i rocchesi sceglievano chi aveva fatto fortuna solo con la forza del proprio ingegno senza l’aiuto di preti, di onorevoli, o di sacrestani: questo era il segreto.
Certo ogni tanto anche a Roccamalata qualche cantonata si era presa, ma al tempo del condottiero dai modi garbati, dal piglio decisionista e dal nome quasi profetico, infatti (come penso avete già capito) si chiamava Cesare Giulio, tutto andava per come doveva andare e non si poteva appizzare un ago da nessuna parte, l’agire del Cesare era giusto, coerente e lungimirante.
Si, lungimirante è proprio un termine adatto a Cesare.
Cesare sapeva guardare oltre le splendidi colline che circondavano Roccamalata, il suo sguardo arrivava lontano, almeno fino alla contrada Chiarotta, che sarebbe stata da li a poco teatro della realizzazione di una monumentale opera scultorea fatta di catrame e di cemento.
Opera che avrebbe dato ai rocchesi lustro culturale ed economico, forse non a tutti ma sicuramente a qualcuno si.

D’altronde si sa, ancora oggi i rocchesi sono persone con i piedi ben piantati per terra e le mani sempre protese in avanti e Cesare genuinamente era un alto interprete di questo sentire.
Ma torniamo alla vicenda che diede finalmente a Rocca quel che era di Rocca.
Da tempo il provvedimento aspettava di vedere la luce, e tutti se lo aspettavano da un momento all’altro, frementi come quando il futuro padre aspetta in sala d’attesa la notizia dell’avvenuto parto e conoscere finalmente il sesso del nascituro.
Un tentativo di farlo nascere era stato per la verità fatto negli anni precedenti, ma era stato soffocato nella culla da un paio di sprovveduti insensibili alle tematiche culturali, incapaci di capire quanto essa era importante per la comunità.
Sprovveduti che ovviamente avevano perso la stima di tutti i rocchesi e con la politica di Roccamalata avevano chiuso per sempre, anche perchè per bloccare quel tentativo di far nascere la tanto attesa iniziativa si erano rivolti alla legge. Capite addiritura alla legge. Quei due non avevano infatti capito che la gestione dei soldi versati con generosità dai rocchesi nelle casse comunali non aveva nulla a che fare con la legge, i soldi senz’altro appartenvano a tutti, ma  a gestirli doveva essere il capo di turno senza bisogno di rendere conto a nessuno e quando il capo era Cesare figuriamoci.
Di certo questo nobile atto amministrativo mai avrebbe visto la luce se i rocchesi avessero rieletto quei due sprovveduti che tanto violentemente vi si erano opposti, ma i rocchesi, che fessi non erano e non sono avevano lasciato quei due a casa a rimurginare sul loro imperdonabile errore.
Dicevamo mandati a casa i due oppositori del progetto la strada era spianata, e quella volta l’amministrazione di Cesare Giulio non si fece fregare, agi con perizia e soprattutto con una velocità mai vista.
La velocità con la quale Cesare ordino di operare purtroppo fu oggetto di critica da parte di alcuni “sfasciapagghiara”, che si misero a sproloquiare nella pubblica piazza, facendo e facendosi un mare di domande tutte dettate dall’invidia e dall’ignoranza nera nella quale stavano affogando.
Questi sfasciapagghiara, ingenui, ma anche colpevoli di essere ignoranti come capre, sconoscevano infatti che la cultura di Roccamalata era da tempo affetta da un morbo che a poco a poco la stava divorando, e restavano appena tre giorni di tempo per salvarla, perchè al girar dell’anno tutto sarebbe stato compromesso e finito.
In una qualunque fredda mattina d’inverno, le condizioni di salute della cultura  rocchese precipitarono.
Il Cesare che come ogni mattina era andato a sincerarsi delle sue condizioni, con un occhiata si rese conto che erano molto preoccupanti,.
La cultura quella mattina respirava a fatica e aveva gia gli occhi rivolti al creatore, Cesare e il suo stilista di fiducia capirono che non c’era un secondo da perdere e che bisognava agire subito e con fermezza.
La morente cultura rocchese fu immediatamente trasportata in ambulanza nella casa comunale per subire un’intervento urgente e improcrastinabile.
Quel giorno purtroppo il primario culturale che tanto si era impegnato in quel progetto di salvezza, era stato chiamato a presiedere una conferenza sul tema: “Come essere sicuri che le galline hanno deposto tutte le uova senza sporcarsi il dito medio”(problematica molto sentita in quel tempo fra gli uomini colti delle comunità rurali), l’assenza del primario culturale poteva buttare nello sconforto chiunque ma non il Cesare ruspante.
Infatti la reazione del capo fu veloce ed efficace.
Il primario culturale fu sostitutito prestamente da un vice primario, che anche se non era del settore aveva assistito a tutti i seminari e le conferenze del primario culturale, e quindi era adatto allo scopo.
Il capo gli ordino di operare con velocità estrema, pena la morte della cultura rocchese.
Il vice primario collaborato da un paio di efficientissimi infermieri si mise all’opera. Nel breve volgere di poche ore fece alla cultura moribonda le analisi del sangue e dell’urina, le radiografie toraciche, un’attento controllo alle coronarie, ecografie varie, velocemente individuò la diagnosi ed emise la prognosi.
Quando tutti capirono che l’intervento era andato bene brindarono e avvisarono il primario della cultura, che preso dall’emozione fu visto piangere. Furono anche avvisati coloro i quali erano stati designati ad eseguire la prognosi che fecero alcuni timidi saltelli di gioia, loro non si lasciarono andare a scene di giubilo per non dare troppo nell’occhio, poichè qualcuno in paese aveva avanzato il sospetto che la scelta era ricaduta su di loro, perchè avevano aiutato il Cesare “quannu u sceccu era na muntata”
Ad ogni buon conto, erano bastate  poche ore per salvare la cultura del paese; la notizia della mirabolante impresa passo di bocca in bocca e fu quindi organizzata una doverosa esposizione.
La cultura sfolgorante di nuova luce fu offerta ai rocchesi gaudenti e plaudenti, quale ulteriore risorsa per lo sviluppo economico che gia marciava a passo spedito.
Si assistette allora a scene di di isterico giubilo genetico, ad apprezzamenti disinteressati e ad altre manifestazioni di felicità.
Cesare fu incoronato uomo della cultura da almeno sette o otto disinteressati rocchesi, (che ovviamente avevano le competenze per farlo) e addirittura una di loro si spinse a dire che finalmente a Roccamalata il medioevo era finito e adesso si poteva guardare al fututo con fiducia sotto la guida illuminata di Giulio, che tanta parte della sua vita aveva trascorso chino sui libri, sui testi classici e allo studio del pensiero umano da Aristotele fino al suo tempo e quindi sapeva cosa stava facendo.
Si dobbiamo ammettere che ci fu qualche voce fuori dal coro, in gergo si dice “qualche pisciata fora ru rinali”, ma erano i soliti sfasciabbummari invidiosi che trovavano da ridire su tutto, che per fortuna i rocchesi intelligentemente avevano opportunamente messo in un angolo e avevano tempo, gli sfasciabbummari, di gridare allo scandalo tanto ai rocchesi le loro invidiose tesi da un orecchio entravano e dall’altro uscivano.
Però che bellezza, finalmente il sole della cultura era tornato a riscaldare i cuori e le libere menti dei rocchesi, che per cinque anni lunghi erano andate in letargo aspettando tempi migliori, mangiandosi il fegato per l’errore di avere indicato un felino qualunque alla guida di tanta generosa umanità.
Ma adesso il passato era alle spalle di Giulio, il felino era stato sconfitto e faceva parte delle cose ammuffite del passato.
A dir lo vero tale passato non era sempre alle spalle del Cesare, perchè spesso veniva anche notato al suo fianco, ma si sa essere perfetti non è cosa possibile per l’umano genere.

17 Replies to “Come fu che a Roccamalata venne resuscitata la cultura.”

  1. Non sono riuscita a leggere con attenzione tutto l’articolo, come novello Fedro ti trovo un po’ prolisso. A mio avviso la questione è questa: se si decide di investire sulle manifestazioni culturali, a maggior ragione si deve partire dalla TUTELA, questa viene prima della valorizzazione e promozione, è assurdo che si spendano soldi per creare nuove manifestazioni e non si tutelino quelle che già abbiamo, è come comprare una nuova casa perchè quella che hai ha il tetto da riparare! Sarà nuova, ma non sarà mai quella in cui sei cresciuto!che senso ha portare gente a ciminna per far vedere una mostra nelle suggestive viuzze del paese e gloriarsi di un passato che stiamo distruggendo? Allora il punto è questo: o rinunciamo alla ricostruzione di questo paese in tutte le sue manifestazioni o ci impegniamo, ognuno nel suo campo, senza ulteriori polemiche. maria urso

  2. Salvatore, io sinceramente, da una persona che forma la nuova classe dirigente di domani, mi aspettavo più sensibilità nei confronti del nostro patrimonio. tu parli di Ciminnattiva, ma da dove credi che si debba cominciare? da una fondazione ex novo? Io credo che si debba cominciare dalle FONDAMENTA, dal nostro passato, credo che una persona non debba MAI dimenticare DA DOVE VIENE per agire bene. Credo poi, che prima di parlare male di qualcosa o qualcuno si debba conoscere o quantomeno provare. Hai mai pensato ad esempio di venire con la tua classe all’archivio storico comunale? Si potrebbe sorteggiare un anno e fare storia di Ciminna con i documenti. Scoprireste storie sconvolgenti, storie di monacazioni forzate, di figlie femmine mandate al manicomio, di dissidenti ciminnesi condannati a morte durante il fascismo e tante, tante altre cose. Per me questa non è solo storia, è la MIA storia, per me noi siamo perchè siamo stati. Sarò una stupida idealista, ma ci credo! maria urso

  3. Il problema a Ciminna su sti ” sfasciabbummari” che bloccano la cultura che non lasciano andare le cose come devono andare che si indignano su tutto.senza di loro tutto sarebbe più semplice. Gente che predica cultura dai balconi per prendere voti. Meglio stare zitti e apettare .partecipare da dietro le quinte per non compromettersi evitare di metterci la faccia. Così è molto più semplice ed efficace.claudio castelluzzo.

    1. Il problema veramente è che questi “sfasciabbummari” si indignano di tutto e non del fatto che stiamo perdendo i nostri beni, il problema è che se ne ricordano quando si affacciano al balcone e ne parlano in modo approssimativo e generico, dimostrando di non sapere nemmeno di cosa stanno parlando. L’ Archivio storico di Ciminna ha il Diploma di una maestra che è un unicum per noi, siamo nel 1891, la maestra è una CASTELLUZZO. credo che ti appartenga. IO vorrei che al balcone mi parlassi di questi BENI REALI, chiaro? non di quelli che ti servono x la tua bella campagna!!! Il problema è che avete la mente talmente occupata ad annientare il governo di Giulio Cesare che non riuscite a fare un po’ di SANA AUTOCRITICA, Altro che Liberamente, la vostra mente è occupata da questo unico obiettivo e io, da cittadina, non mi sento messa al primo posto, mi sento USATA per attaccare “l’avversario”!!! maria urso

      1. Chiedo scusa a claudio per questo sfogo, è ovvio che c’è dietro una delusione personale, ma è tempo di metterla da parte. maria urso

  4. Maria Urso, se mi trovi prolisso basta non leggere quello che scrivo e ti togli il pensiero, ognuno ha il suo modo di scrivere e ognuno è libero di leggere solo quello che gli piace.
    In quanto poi a quello che faccio nel mio lavoro, ti prego di astenerti perchè non ne sai niente e quindi puoi solo farneticare. Ad esempio non sai che insegnando matematica e inglese non posso occuparmi di storia ne locale ne nazionale. Noi abbiamo a scuola un programma da seguire, ma forse questo ti sfugge quindi non sei responsabile della tua ignoranza in materia.
    Probabilmente ti sfugge anche che ritengo essenziale proteggere il nostro patrimonio culturale, quello che molti hanno cercato di far passare invece una doverosa critica ai modi e ai metodi usati in questa operazione. Soprattutto quando si parla di cultura si potrebbe provare a sollevarsi un pò dal suolo.
    Ricorderai che prima delle elezioni proprio su agora avevo con te discusso della diceria paesana di allora, che paventava l’ipotesi che l’associazione, della quale tu fai parte, stava votando l’attuale sindaco proprio per avere in seguito, quello che un anonimo ha definito oggi “rimborso elettorale”.
    Allora si parlò molto di questo fatto e tu giustamente hai smentito con forza e tutti hanno preso atto della tua smentita.
    Capirai che è normale che adesso visto come sono andate le cose, a molti venga il sospetto che quella che allora era una diceria, forse qualche fondamento di verità l’aveva, anche alla luce del fatto che il progetto precedente era stato bloccato da due attuali amministratori di maggioranza, all’epoca in minoranza. I ciminnesi sono persone moderate ma non cretine che sanno interpretare i fatti, relegando le chiacchiere allla loro appropriata dimensione, cioè quella di chiacchiere a maggior ragione quando provengono dai diretti interessati.
    Ti sfugge che le critiche mosse da molti, sui blog e non solo sui blog, non riguardano solo questo specifico caso, ma in generale un modus operandi, che alcuni vorrebbero cessasse.
    Avevi detto che non pubblicavate l’attuale progetto su agorà perchè li c’è la possibilità di commentare anonimamente, io mi ero offerto di pubblicarlo sul blog che curo io dove i commenti anonimi non ci sono, ma non è successo nulla.
    Concludo dicendoti che In quanto ai principi che cerco di far passare nel mio lavoro, c’è quello di essere giusti, liberi e senza collari, e su questo non accetto lezioni da nessuno.
    PS. Chiedo ai curatori di Agora di ripubblicare lo scambio di vedute che io ed altri abbiamo avuto prima delle elezioni con Maria Urso.

  5. Nessuno sta criticando il tuo operato, il mio era un semplice invito e non credo che ad un insegnante di matematica e inglese sia vietato di proporre una visita extracurriculare, ma noto ancora una volta che sei molto permaloso, quindi penso che sia inutile continuare.
    PS anche l’appunto sul prolisso era un consiglio, ma va bene lo stesso. maria urso

  6. Maria i tuoi giudizi sulla persona non sono bene accetti. Permaloso è un giudizio sulla persona. Non credo che tu mi conosca cosi bene da poterti permettere di esprimere giudizi e non credo che da poche tecniche e asettiche righe tu possa apprendere nessun tratto della mia personalità. Io non mi sono mai permesso di esprimere giudizi su di te ne mai lo farò.
    Inoltre insisti ancora con i suggeririmenti sulla mia professione, anche in questo caso il suggerimento non è accettato, anche perchè non credo tu sia a conoscenza su quello che la scuola e io come operatore scolastico facciamo per far conoscere agli studenti la storia e la cultura di Ciminna. Non mi pare di averti mai visto in collegio dei docenti. Non mi sono mai permesso di criticare il tuo modo di lavorare o di scrivere e non sono mai entrato nel personale. Sul mio modo modo di scrivere ti dico che c’è chi lo trova divertente, quindi anche quello sulla prolissità è solamente la tua rispettabilissima opinione.
    Ti invito ancora, nei modi che ritieni più opportuni a far conoscere il progetto finanziato dal comune con 17.000 euro, in modo che ciascuno cittadino possa (con i suoi mezzi) apprezzarne o non apprezzarne i contenuti, anche alla luce del fatto che qualchè giorno prima della determina del 28 dicembre, l’amministrazione aveva aumentato tutte le tasse che poteva aumentare, pena il default del comune.
    Come vedi non c’è da parte mia una sola parola contro di te e la tua associazione o il progetto che ancora nessuno conosce, anzi sono convinto di parlare con una persona che è sulle questioni di parsimonia e trasparenza nella spesa del comune è sulla mia stessa lunghezza d’onda, almeno rifacendomi a quello che tu scrivevi su agora a giugno quando abbiamo avuto uno scambio di commenti dei quali ne posto uno qui di seguito:
    Maria Urso:
    “Credo che sia davvero inconcepibile per chi vive situazioni di disagio pensare che i soldi raccolti a fatica per pagar le tasse vengano investiti in attività prive di ritorno economico. Penso che quando si tratta di somme cospicue i cittadini dovrebbero esser messi nelle condizioni di esprimere la loro DIRETTA OPINIONE, anche perchè le persone che eleggiamo non possono rappresentarci in toto e spesso,una volta eletti, cambiano addirittura personalità!Inoltre le persone che stanno peggio sono quelle che parlano meno, quindi diventa solo una questione di coscienza, amministrar bene significa anche tutelare le fasce deboli, perchè prima di essere politici siamo uomini!”

    Quello che stiamo facendo alcuni ciminnesi non è altro che esprimere la nostra DIRETTA OPINIONE, su una determina della quale conosciamo la genesi burocratica ma non il contenuto del suo oggetto.

    1. Salvatore, rinnovo le mie scuse sui suggerimenti alla tua professione, ti ho semplicemente chiesto se avevi mai pensato di venir all’archivio, bastava rispondere :”no!”
      Per quanto riguarda il progetto, ho già detto che le fasi verranno rese pubbliche, ma, se permetti come te, non accetto suggerimenti sulla mia professione! Infine per quanto riguarda i giudizi sulla persona che non hai mai espresso, ti ricordo che faccio parte di quelli che hai definito MALATESI, MAFIOSI (“La mafia a Roccamalata? Naturalmente, non esisteva nè d’altronde sarebbe mai potuta esistere, perché si sa la malerba non attecchisce nei campi ben coltivati e fra la gente timorosa di Dio, tutta dedita al prossimo, all’archeologia, all’architettura, all’arte e alla musica), INCAPACI DI PENSARE (“pensare stanca”). Ti sei eretto a GIUDICE di una comunità, l’hai offesa camuffando il tutto cortesemente dietro una bella favoletta. Ma sai che ti dico? SONO CIMINNESE, NON SONO MALATESE, PER CANCELLAR LE CONTESE DEL GIUDICE CORTESE ACCETTO PERSIN LE OFFESE! Spero che la questione sia chiusa! maria urso

  7. Improrogabili impegni, che richiedono la massima concentrazione, mi costringono ad abbandonare la piazza. Ai presidenti di Liberamente e Pro Loco: spero che il nostro progetto vada avanti. A Salvatore Fina: pubblicizzar le tue favole è stato un piacere. Avrò il massimo rispetto della tua professione assoluta(nel senso di “sciolta da” ogni suggerimento) Ai curatori di agorà: tralasciando qualche commento anonimo sgradito, sono stata bene, quindi auguri ad agorà! Alle donne: in questa piazza manca il colore rosa! A Pierferdi: sei il mio anonimo preferito! Buona conversazione tra uomini! maria urso

  8. Le proprie opinioni si possono esprimere in mille, modi anche quello del racconto.
    A Maria Urso dico che non mi sono eretto a giudice di nessuno, al massimo ho scattato qualche istantanea che ho poi rivestito di parole.
    I giudici stanno nelle aule dei tribunali e sono proprio quei giudici che hanno stabilito se a Ciminna c’è o non c’è attività mafiosa.
    Ma forse Maria non segue le cronache e quindi incolpevolmente esprime opinioni avulse dalla realtà.
    Personalmente avevo gia detto le stesse cose oltre 20 anni fa in un’intervista fattami da un giornalista di Samarcanda (di michele santoro) trasmessa poi dalla TV nazionale.
    Maria afferma che io ho scritto che tutti i ciminnesi sono mafiosi e incapaci di pensare, questo è un problema di malafede o di scarsa o pregiudiziale capacità di interpretare quello che ha letto.
    Io, e per amore di verità anche l’associazione Liberamente, abbiamo, senza mai offendere nessuno, scritto e discusso: della gestione dei soldi dei ciminnesi da parte dell’amministrazione comunale, di politica locale, di Coinres, di tasse, del servizio mensa scolastica, delle lampade votive, della diretta web delle sedute del consiglio, della regolamentazione del traffico, dell’affidamento alla Genesis di un progetto del quale ancora non ci è dato conoscere il contenuto, e di altro ancora. Sfido chiunque a trovare un solo commento di Maria su quegli articoli (esculso la determina che interessa la Genesis), che mi pare siano parecchio interessanti per la vita della nostra comunità. Ho fatto una ricerca e ho contato zero commenti di Maria, su questi fatti.
    Il livore verbale di Maria scatta indignato solo su una cosa che guarda caso la interessa personalmente. Ho cercato in tutti i modi di fare capire a Maria che nessuna parola è stata scritta contro la Genesis, ma senza successo. Allora ne deduco che è meglio non perdere tempo e tornare ad occuparsi del meccanismo e di chi lo dirige e non dei suoi ingranaggi inconsapevoli.

  9. Fedro – RANA RUPTA ET BOS

    In prato quondam rana conspexit bovem, et tacta invidia tantae magnitudinis rugosam inflavit pellem. Tum natos suos interrogavit an bove esset latior. Illi negarunt. Rursus intendit cutem maiore nisu, et simili quaesivit modo, quis maior esset. Illi dixerunt ‘bovem’.
    Novissime indignata, dum vult validius inflare sese, rupto iacuit corpore.

  10. Pubblico la traduzione della favola di Fedro pubblicata da Maria .
    “Una volta una rana vide un bue in un prato. Presa dall’invidia per quell’imponenza prese a gonfiare la sua pelle rugosa. Chiese poi ai suoi piccoli se era diventata più grande del bue. Essi risposero di no. Subito riprese a gonfiarsi con maggiore sforzo e di nuovo chiese chi fosse più grande.
    Quelli risposero: – Il bue.
    Sdegnata, volendo gonfiarsi sempre più, scoppiò e mori.”
    La morale di questa favola è: “quando gli uomini piccoli vogliono imitare i grandi, finiscono male.
    Se dovessi pensar male, dovrei dire a Maria di smettere di offendere.
    Certo pubblicare sotto un mio articolo questa favola mi fa supporre che Maria intende attribuire a me la personalità della rana, altrimenti la favoletta l’avrebbe pubblicata sotto qualche altro articolo. Ma siccome io Maria non l’ho mai offesa, mi piace invece pensare che non vuole offendermi e che parla di qualcun altro forse di se stessa. Anche perchè essendo io di sesso maschile al massimo potrei essere uno rospo.
    Ritengo che Maria non ha motivo di offendermi, non avrebbe senso in quanto io non sono mai entrato nel personale. Non gli ho mai detto che lei è una piccola rana che vuole diventare grande come un bue, non gli ho detto che è invidiosa, non gli ho detto che è una piccola donna senza capacità che vuole imitare i GRANDI.
    Io mi sono limitato ad esprimere la mia opinione su un fatto amministrativo, e siccome pago le tasse e sono cittadino italiano ho il diritto dovere di farlo. Tra l’altro sfido ancora Maria a trovare un mio commento contro l’associazione, anzi ne ho preso le difese, in un mio commento. La invito ancora a pubblicare il progetto sponsorizzato con i soldi di tutti i ciminnesi. Noi abbiamo diritto di conoscerlo. Maria anzichè offendere sarebbe meglio pubblicare il progetto e fare capire a tutti i ciminnesi,come sarà spesa una bella fetta dell’introito che deriverà dall’IRPEF Comunale, istituita dall’attuale Sindaco e dalla sua maggioranza.

    1. Questa conversazione ha avuto inizio con una favola e mi sembrava “costruttivo” chiuderla con una delle più belle di fedro. la parte conclusiva(La morale di questa favola è: “quando gli uomini piccoli vogliono imitare i grandi, finiscono male), che in realtà fedro mette all’inizio, è stata volutamente omessa, proprio per evitare un’interpretazione del genere. Tutta la produzione di Fedro è un grido contro i soprusi dei prepotenti, la rana che si gonfia, davanti ai figli, è una voce solitaria, non è piccola, è solitaria perchè si distingue dalla massa, dal bue e purtroppo spesso finisce male, la rana sa che gonfiandosi scoppierà, ma sa anche che deve farlo per i suoi figli. La morale di questa favola è che non abbiamo bisogno di essere bue per portare avanti i nostri ideali, basta rimanere quello che si è. Una lettura più attenta e senza pregiudizi avrebbe potuto riscontrare delle analogie tra il novello e il vecchio fedro, ma forse si è preteso troppo! maria urso

  11. Chiarito che essere rana è un privilegio e non un’offesa, il punto è questo: vogliamo essere rane coerenti? bene, allora, se davvero ci sta così a cuore l’interesse pubblico, chiediamo a tutti quelli che nel corso di questi anni hanno avuto un numero incalcolabile di contributi pubblici di pubblicare i progetti o qualunque cosa dimostri in che modo siano stati spesi questi soldi, è assurdo chiederlo all’unica associazione che non ne ha mai avuto e che ha una forma di controllo pubblico e non alle altre! Perchè? Se dietro questa richiesta legittima c’è solo la volontà di essere parte attiva, abbiamo il coraggio di farlo e di correre il rischio di perdere utili alleati! Perchè solo a questa? Vogliamo salvarci dalla crisi limitando le spese? bene, abbiamo il coraggio allora di chiedere una rinuncia collettiva!!!Perchè ad una sì e alle altre no? in base a che criterio? Se non ci saranno queste richieste saremo costretti a pensare che qui si fa leva su un modus operandi semplicemente per un attacco politico e si tralascia il vero problema facendo un’operazione di trasparenza parziale. Avremo il coraggio di fare questo?

  12. Maria, continui a cercare di offendermi. Io non l’ho mai fatto e non lo farò, perchè non ho l’abitudine di dare giudizi su nessuno. Questa volta ti sei limitata a darmi del cretino, affermando che non puoi pretendere che io capissi il senso della favola di Fedro che hai postato. Ti assicuro che anche con i miei poveri mezzi c’è la faccio anch’io.Personalmente non mi offendo, se ti fa piacere puoi continuare a provarci, anche se buon senso vorrebbe di non superare certi limiti. Io continuerò ad occuparmi delle scelte dell’amministrazione, dell’aumento delle tasse e di come vengono spesi i soldi dei ciminnesi. Insomma esercito i miei diritti di cittadinza, non saranno di certo i tuoi gratuiti tentativi di offendermi a convincermi del contrario. Io ho (se pur per metafora) parlato di una determina di un funzionario comunale, non ho mai parlato di te, quindi non vedo la ragione di tutto questo astio nei miei confronti. A te continuo a chiedere (anche a nome dei ciminnesi che la stanno finanziando) di pubblicare il progetto oggetto di quella determina. Continuo anche a chiederti di trovare una mia parola contro di te, anche per far capire a chi legge e a me stesso, la ragione di tutto questo accanimento personale contro di me, perchè a questo punto forse c’è qualcosa che mi sfugge e ti assicuro che sfugge anche a tutti coloro che leggono le tue parole.
    Poi, cosa vuoi che ti dica se proprio non puoi fare a meno di offendermi continua pure, cosa posso farci? Niente.

    Invito tutti a leggere questo estratto di un mio commento nel quale invito a cessare l’accanimento contro l’associazione Genesis, che era anche fatto anonimamnete sotto l’articolo di Liberamente, che molto opportunamente pubblicava la determina di cui parliamo.

    “Detto questo, volevo intervenire per dire un paio di cose.
    La prima riguarda quello che a me pare ormai un accanimento nei confronti dell’associazione Genesis. E’ probabile (ma è anche probabile il contrario), che questa vicenda sia (com’è stato ironicamente definito) un rimborso elettorale, però a me pare che il modo d’amministrare Ciminna sia sempre stato questo, e di questi cosiddetti rimborsi elettorali hanno vissuto e vivono tutte le amministrazioni. Siamo certi che in questi mesi non ci siano stati altri rimborsi? Saremo capaci di vigilare sui prossimi? E soprattutto la politica e le persone impegnate direttamente saranno capaci di girare pagina? “

    Maria siccome le tue offese nei miei confronti credo non interessino nessuno, se proprio ti è indispensabile farlo puoi continuare ad esercitarti in forma privata al mio inidirzzo email sfina@libero.it Buon lavoro.

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