L’inghiottitoio delle “Serre di Ciminna”, dove passano solo i gongili

da le taddarite.it

Le Serre di Ciminna

L’inghiottitoio di Ciminna: dove passano solo i gongili
 Domenica 19 gennaio.
Il programma di oggi è fare un bel giretto in provincia di Palermo per scoprire i segreti dell’inghiottitoio di Ciminna e trovare la Grotta del Teschio che si trova nei pressi. La meta è a pochi chilometri di distanza, quindi questa volta l’appuntamento è fissato per le 8h30. Con una puntualità da applauso si parte alla volta di Ciminna con Nina, Riccardo e Fulippo che fanno da apripista a bordo della fedele Caterina e io, Nicola e Giorgio appresso. Il tragitto è molto piacevole, e il panorama sempre mozzafiato etra una chiacchiera e l’altra ci stupiamo del modo in cui i nostri amici riescano sempre a ricordarsi del giusto percorso, in mezzo a campagne sterminate e con pochi punti di riferimento. Manco a dirlo…ci ritroviamo 5 minuti dopo a fare inversione e marcia indietro per beccare il punto esatto…poco male, 10 minuti più tardi riusciamo a beccare l’ingresso alla strada sterrata che poi ci porterà vicino all’inghiottitoio.
cim01Ci addentriamo quindi, ma le nostre macchine non riescono ad andare oltre un certo punto, e il fango accumulatosi per la pioggia certo non aiuta a salire. Decidiamo quindi di parcheggiare, cambiarci e salire a piedi. La vestizione comincia sotto una pioggerellina fastidiosa che ha deciso di farci arrivare all’ingresso della grotta completamente zuppi. Fortunatamente il tragitto è breve quindi eccoci all’entrata. Riccardo comincia ad armare e Nina seduta comodamente sull’erba bagnata inizia a farci delle domande.
Alla prima “Che cosa è un armo?” Giorgio, velocissimo, munito di un invisibile campanello da Lascia o raddoppia, risponde nel suo solito stile “Il maschio dell’arma!”. A questa freddura segue un bel momento di serietà in cui Nina comincia a spiegare la differenza tra fix e spit, quali sono i nodi più usati e il perché si usa uno piuttosto che un altro, del modo in cui devono essere orientate le placchette ecc. E’ sempre bella e stimolante la parte didattica!

Armo pronto, Riccardo e Filippo sono già scesi. Tocca a me. Tra uno scivolone e l’altro dovuti al fango arrivo all’attacco del pozzo, il mitico pozzo strettoia da cui ci avevano messo in guardia la sera prima Ponzio e Paolo. Beh, è proprio stretto, ma come si dice in questi casi, “a scendere tutti i santi aiutano”, sarà la risalita un poco più problematica, ma a quella ci pensiamo a momento debito. Siamo tutti giù, ci spogliamo del materiale superfluo e cominciamo il nostro tour. La grotta è molto bella, e le pareti e il tetto di gessi si rivelano in tutto il loro splendore non appena vengono sfiorati dalle nostre luci. E’ proprio una danza di colori che man mano che ci si addentra si manifesta in modo sempre più sconvolgente. Concrezioni scintillanti di ogni dimensione ci accolgono lungo il percorso fino ad arrivare al punto in cui c’è l’alberello! E’ una concrezione enorme che somiglia davvero ad un abete, e anche tutto il resto intorno è degno di nota, o meglio di foto.
Ed ecco che Giorgio blocca tutti, comincia a uscire materiale dal sacco che aveva diligentemente trasportato fino a quel momento. Treppiedi, livella, flash, “ u fisciai”, la macchina panoramica, un giapponese portatile, tutto insomma, ma ecco che…tragedia!!! Le batterie per il flash sono rimaste in macchina, e allora?

cim02Nina prende 4 batterie dalla sua scorta ma queste non sono carichissime, ne prende altre 4, niente, non ce la facciamo. Alla fine smontiamole batterie dal casco di Giorgio che indossa la ticca, e finalmente il flash da segni di vita. Ed eccoci li, in ordine sparso in posa stile calendario taddaritoso 2014, ad abbracciare con le nostre lucine il meraviglioso abete. Purtroppo la luce non è molta e quindi il nostro fotografo deluso decide di tornare un’altra volta munito di un faro d’aeroporto e di limitarsi per questa volta a fare foto normali. Nicola lo prende in parola e comincia a spuntare da ogni angolo alla ricerca della foto profilo perfetta. Ma come dargli torto, la grotta è proprio bella e offre angoli davvero particolari e interessanti per forme e colori. Arriviamo fino in fondo, dove ci sono i mudcracks e una bella raccolta di fango che per forza di cose finisce addosso a tutti.

Il percorso di ritorno come quello d’andata è scandito da spiegazioni sulle particolarità della grotta, ma soprattutto dalle raccomandazioni di Nina e Riccardo di non prendere nulla, frasi rivolte a Filippo che con sguardo avido finora ha passato in rassegna anche il più piccolo oggetto interessante da portarsi dietro come souvenir. Comunque da bravo ragazzo qual è ha lasciato tutto al proprio posto.
Ci fermiamo in una saletta a pranzare per poi risalire. Nicola si avventura prima di me e da buon prestidigitatore si impirugghia con le corde al primo frazionamento. Dopo questo piccolo intoppo riesce tranquillamente a salire, a passare la strettoia e ad uscire all’aria aperta. Quindi viene il mio turno, e io già penso alla strettoia, anche se il passaggio di Nicola mi ha tranquillizzato. Se è passato lui ci passo con agevolezza anche io. Comincio a salire, riesco a passare la testa e quindi penso “è fatta, sono riuscita a passare senza troppa fatica”.
Le ultime parole famose…ad un certo punto qualcosa non va, non riesco più a proseguire, sono bloccata e il ginocchio appiccicato alla parete e il piede in trazione sulla staffa non mi permettono di fare alcun movimento. Niente, non riesco a muovere neanche un muscolo, c’è qualcosa che mi blocca…
Nina mi sente un po’ annaspare e mi chiede se è tutto ok, e io “più o meno Nina, mi si sono incastrate le tette!!!”. Risata generale, io mi rilasso e decido di sbloccarmi a modo mio. Comincio a respirare ed espirare in modo tale da ridurre al minimo il mio volume che malgrado la dieta e l’esercizio, in questa occasione si rivela pur sempre ingombrante. La tecnica comunque funziona e riesco a spostarmi verso il lato della strettoia più ampio e che mi permette di risalire in maniera rapida e tranquilla.
Tutti fuori, aspettiamo Fulippo che si è offerto per disarmare e nel frattempo giocherelliamo fuori con un gongilo, una specie di lucertolina tozza a me sconosciuta ma che l’esperto Giorgio mi introduce allegramente. Si riparte alla volta del Teschio, le indicazioni sono poche e la pioggia ha lasciato spazio ad un vento inesorabile che non aiuta per nulla nella ricerca del buco. Ispezioniamo in lungo e in largo il luogo in cui presumibilmente si trova la grotta, ma niente da fare, non riusciamo nell’intento. Filippo, che nella ricerca dei buchi di Piana era stato decisivo per il suo fiuto nello scovare pertugi tanto da meritare l’appellativo di Filippocanedatartufo, non collabora, distratto in quel momento da una ricerca più appetitosa e fruttuosa: i funghi di Ferla.
Un po’ delusi dal mancato ritrovamento, tutti tranne Filippo che già pregusta una frittatina serale, ritorniamo alle macchine. Ci cambiamo e tutti alla volta di un bar dove poter rifocillare la nostra anima delusa con un po’ di spirito.
Quindi birraaa!!! Tra giochini di dubbio gusto e foto di ancor più dubbio gusto il pomeriggio restante trascorre in tranquillità. Le ginocchia però cominciano a risentire le botte prese nella strettoia e la pioggia e il vento impietoso ci hanno un po’ infreddolito, decidiamo quindi di far rotta verso casa, doloranti ma già con la mente disposta alla prossima avventura.
Partecipanti: Nina, Antonella, Nicola, Giorgio, Filippo e Riccardo
Le foto sono di Giorgio.
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