Il culto di Santa Rosalia attraverso la pittura, si espone anche il quadro della chiesa madre di Ciminna

di Agorà Ciminna

La vera storia di Rosalia, donna e Santa, tra arte e narrazione attraverso una ricchissima esposizione di capolavori di Van Dyck, Novelli, La Barbera, Preti, nonché di documenti d’epoca. Si celebra il culto della Patrona di Palermo sulla quale emergono aspetti finora sconosciuti.

La mostra “Rosalia eris in peste patrona”  è stata inaugurata lo scorso 4 settembre, giorno in cui Palermo festeggia liturgicamente la Santuzza.

Dopo il ritrovamento dei resti mortali di Santa Rosalia, avvenuto nel luglio del 1624, in una grotta di Monte Pellegrino grazie alla visione della ciminnese Geronima La Gattuta, si assiste a Palermo alla nascita di un fervido e operoso momento artistico-culturale che si traduce in opere, realizzate nei più svariati materiali, dedicate alla romita Rosalia Sinibaldi. L’iniziativa della Fondazione Federico II, in sinergia con l’Assemblea regionale siciliana, il dipartimento regionale dei Beni culturali, la Soprintendenza per i Beni culturali e  l’Arcidiocesi di Palermo, è dedicata al culto e alla devozione di Santa Rosalia, sotto il profilo artistico, culturale e antropologico, una ricchissima esposizione di dipinti, “pale d’altare” e documenti dell’epoca.

“Rosalia eris in peste patrona”  sarà visitabile a Palazzo dei Normanni fino al 5 maggio 2019 da lunedì a sabato dalle 8.15 alle 17.40 (ultimo biglietto ore 16.40), domenica e festivi dalle 8.15 alle 13.00 (ultimo biglietto ore 12.00). Tra le opere in esposizione anche il quadro della chiesa madre di ciminna recentemente attribuito a Geronimo Gerardi pittore fiammingo.

L’Autore del quadro di Santa Rosalia ha finalmente un nome. dagli archivi di Agorà Ciminna

L’esposizione, trentotto opere più disegni preparatori e materiali a stampa e d’archivio, ripercorre uno dei momenti più critici della storia di Palermo: il lasso di tempo di cinquant’anni che vede la città colpita da due terribili pestilenze, nel 1575-76 e nel 1624; la popolazione inerme e decimata cerca conforto e  protezione nei tradizionali Patroni, le Sante cinque Vergini Palermitane, i Santi Rocco e Sebastiano cui subito si aggiunge in quegli stessi anni anche San Carlo Borromeo, grazie al culto introdotto in città dalla ricca “Nazione” mercantile dei Lombardi. Ma nel 1624, allo scoppio di una pestilenza ancor più devastante, il ritrovamento dei sacri resti sul Monte Pellegrino di Rosalia, romita palermitana vissuta nel Medioevo, e la contemporanea immediata cessazione del morbo, fanno sì che a lei vengano riconosciuti speciali poteri taumaturgici, da farla acclamare unica patrona contro il terribile morbo.

Il trionfo del culto, immediatamente diffusosi grazie ai Gesuiti e ai Francescani in tutta Europa, ma non solo, impone subito scelte precise sull’iconografia della Santa, cui darà contributo particolare Anton Van Dyck, il grande pittore fiammingo trovatosi a Palermo in quei tristi frangenti. Su tali presupposti, la mostra si snoda attraverso un percorso che partendo dalla devozione ai Santi Patroni tradizionali, esemplificata da una serie di importanti dipinti e sculture cinquecentesche realizzate in quegli anni, arriva sino al trionfo del culto di Rosalia quale unica patrona, configurato da altrettante opere, soprattutto pale d’altare, commissionate ad artisti famosi, come Anton Van Dyck, Pietro Novelli, Vincenzo La Barbera e Mattia Preti. Spiccano, nel percorso espositivo, le opere di Mattia Preti provenienti dal Museo di Capodimonte e quelle di Pietro Novelli che giungono da Como relative al culto della Santa in Lombardia.

La devozione a Santa Rosalia non è, fatto esclusivo, della storia e delle tradizioni siciliane. La Fondazione Federico II con questa mostra ne sottolinea, dopo attente e dettagliate ricerche, quell’elemento che la vede travalicare i confini dell’Isola. È nel rapporto con la “Nazione” dei lombardi che se ne trova una delle massime espressioni. L’Alta Lombardia, tra il XV e il XIX secolo, fu caratterizzata da un processo emigratorio verso la città di Palermo. Un flusso che si sviluppò, principalmente, nel Seicento. Ciò che ne venne fuori fu una collaborazione volta alla raccolta di offerte in danaro destinate all’acquisto di beni materiali da inviare alle comunità ecclesiali di origine. Fra i doni, si annoverano varie suppellettili sacre in argento, ancor oggi conservate nelle chiese lombarde. Riappropriarsi della figura di Santa Rosalia rappresenta un’urgenza  per stimolare la ricerca, la Fondazione Federico II se ne è intestata la paternità, anche delle radici storiche e culturali di Palazzo Reale. La donna nobile prima di essere riconosciuta Santa Patrona della città di Palermo dalla Chiesa Cattolica, viveva a Palazzo dei Normanni.

Il Presidente dell’Assemblea Regionale Siciliana e della Fondazione Federico II, Gianfranco Miccichè e il Direttore Generale della Fondazione Federico II, Patrizia Monterosso hanno colto l’importanza di questo dato storico. Rosalia Sinibaldi torna, grazie alla mostra Eris in Peste Patrona, nel Palazzo che l’ha vista nascere e crescere donna e proprio qui, in questo luogo, per la prima volta ha fatto il suo ingresso un’edicola votiva dedicata alla Santa. Una riproduzione fedele della prima e più antica edicola votiva presente a piazza Monte di Pietà che, con lo spettacolo R Patrona del luglio scorso, è diventata parte integrante del cortile Maqueda di Palazzo dei Normanni.

 

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