“Pari u rimitu” Rosario ti cunta un cuntu.

di Agorà Ciminna*

TI CUNTU UN CUNTU – Per non dimenticare,
rivolto alle nuove generazioni – 3° puntata

Un detto Ciminnitu dice “PARI U RIMITU”.
Dicasi di persona che vive in solitudine, in isolamento, appartato e spesso anche non socievole.

Il detto si riferisce anche alla figura del “RIMITU”, romito o frate laico del Terz’ordine Francescano, che per secoli è stato presente a Ciminna nel Romitorio della Chiesa di San Vito Martire al Colle.

La chiesa come tutti sappiamo si erge sulla sommità del colle omonimo, sopra l’abitato di Ciminna, e il frate, nonostante a Ciminna vi fossero diversi conventi (Francescani, Cappuccini, Carmelitani, Domenicani, Minimi), viveva isolato in piccoli ambienti annessi alla chiesa, nella povertà assoluta, nella preghiera, e spesso in raccoglimento nel sotterraneo dell’eremo (oggi usato come cantina).

San Vito Patrono di Ciminna

Oltre a questo svolgeva un delicato compito, quello di custodire il culto e la chiesa del santo Patrono, e di suonare le campane, sia di giorno che di notte, che grazie alla posizione strategica della chiesa, venivano sentite da tutto il paese.

“U Rimitu” suonava la campana detta anche “rebbica”, cioè replicava tutti i segnali di campane che venivano suonate dalle chiese del paese (ad esclusione delle messe), campane a festa (per le processioni o arrivi di autorità ecclesiastiche) e di lutto (ngunie, martori e assequi).

Inoltre, era la sveglia ufficiale dei contadini, che dovevano alzarsi presto per andare in campagna. Suonava due ore prima dell’alba, all’aurora, a mezzogiorno, l’ave Maria e ogni Giovedì a “duuri rinotti” suonava il “credo” (due ore dopo l’ave Maria per ricordare l’istituzione della Santa Eucaristia e, durante questo solenne scampanio, gli anziani in paese recitavano il credo alla finestra della propria casa con il lampioncino acceso). Nei Venerdì di Quaresima alle ore 15:00 suonava “l’assequi”, campana a lutto che si suona solo per i venerdì di Quaresima, il 2 Novembre e quando muoiono i Preti o religiosi, per ricordare la morte del Signore in croce. Inoltre suonava 10 tocchi di campana grande, durante le tempeste o i terremoti (10 tocchi di campana per ricordare le dieci piaghe d’Egitto). In caso d’incendio, in paese o in campagna, veniva suonata “a campana ru focu”. Una sentinella sia spirituale che di allarme, a presidio del paese di Ciminna.

Il Monacu rimitu scendeva in paese solo il martedì per fare una questua cittadina, sia per la sussistenza settimanale che per ricevere le elemosine per il culto al Santo e, nel periodo della molitura delle olive, passava dai frantoi per raccogliere le offerte in olio, così da poter accendere durante tutto l’anno la lampada votiva ad olio al glorioso santo protettore Vito.

Gli ultimi “rimiti” vissuti nella chiesa di san Vito sono stati fra Innoccenzo Castagna e fra Giuseppe, detto Marco Papa, al secolo Marco Billè, ambedue vissero in povertà, preghiera e osservando scrupolosamente la rigida regola francescana. Dormivano in una “ittena” (panchina in muratura di gesso) con una bisaccia per materasso e per cuscino un canale di terracotta. Fra Giuseppe scrisse alcune poesie tra cui “anima mia sula suletta”, morì santamente il 19/04/1926. Fra Innoccenzo Castagna mori anche lui santamente nel 1941.

Dopo la morte di fra Innocenzo, la custodia del sacro edificio e il compito di suonare le campane fu affidata al Signor Scimeca Salvatore fu Vito, che vi si trasferì con la famiglia. Durante la sua permanenza, in quei piccoli e angusti ambienti dell’eremo, nacquero e vissero per alcuni anni i suoi tre figli, tra cui Rosanna oggi residente a Massa Carrara (la levatrice Verciglio, al momento del travaglio del parto, per mancanza di telefono e luce elettrica, fu allertata dal marito della partoriente con un segnale luminoso: un lume acceso nella finestra dell’eremo).

Successivamente, negli anni sessanta dello scorso secolo, il Rettore della chiesa Don A. Bonadonna, affidò la custodia dell’eremo al Signor Leonardo Adamo, chiamato affettuosamente “Narduzzu ri Santu Vitu”, anche lui visse nell’eremo con la propria famiglia, e con l’anziano padre per tanti anni, durante tale permanenza nell’eremo nacque la figlia minore Santa.

Si adoperò tantissimo assieme al Rettore per la manutenzione della chiesa, alla celebrazione dei solenni “martedì di Santu Vitu” antecedenti alla festa liturgica del Santo, e spesso anche alla processione campestre dell’Immagine del Santo del 15 Giugno, al suono delle campane sia di giorno che di notte faceva corrispondere il suono inconfondibile del suo tamburo. Tale compito fu svolto fino al 19/02/1996 data della sua morte.

Storico e memorabile “Rimitu di Santu Vito” fu “Fra Currau” ossia fra Corrado Boeri da Noto, di cui vi parlerò la prossima settimana.

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*ti cuntu un cuntu rubrica a cura di Rosario Priolo

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