Giornata mondiale comunicazioni, il messaggio di Papa Francesco «Scegli parole e gesti: così costruisci ponti»

da famigliacristiana.it 

Papa Francesco Giornata Mondiale Comunicazioni

«SCEGLI PAROLE E GESTI: COSÌ COSTRUISCI PONTI»

di Alberto Bobbio

08/05/2016  Il Messaggio scritto dal Papa per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali che si celebra l’8 maggio. Riflessioni valide per chi lavora nei giornali e convive con i socialnetwork, ma anche per chi s’impegna in politica e nel sociale. L’importanza dell’ascolto.

da famcristionline_20160122124939450_1656175Anche nel linguaggio che si usa nei giornali e sui social network occorre usare misericordia. Lo scrive il Papa nel Messaggio per la 50ma  Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali pubblicato venerdì 22 gennaio. La Giornata si celebra quest’anno domenica 8 maggio. Bergoglio scrive che “ la comunicazione ha il potere di creare ponti, di favorire l’incontro e l’inclusione”. E spiega che è molto bello “ bello vedere persone impegnate a scegliere con cura parole e gesti per superare le incomprensioni, guarire la memoria ferita e costruire pace e armonia”.

Le parole rileva il Papa “possono gettare ponti tra le persone, le famiglie, i gruppi sociali, i popoli”. E questo “sia nell’ambiente fisico sia in quello digitale”.  Le parole possono aiutare ad uscire dai “circoli viziosi delle condanne” e delle “vendette” che “continuano ad intrappolare gli individui e le nazioni, e che conducono ad esprimersi con messaggi di odio”. Un cristiano che fa comunicazione invece, anche “quando deve condannare con fermezza il male, cerca di non spezzare mai la relazione e la comunicazione”.   La misericordia dunque, ricorda il Papa può sanare le lacerazioni tra le persone e nelle comunità. La misericordia, aggiunge, “attiva un nuovo modo di parlare e dialogare”. E qui il Papa, con una certa sorpresa cita Shakespeare: “La misericordia non è un obbligo. Scende dal cielo come il refrigerio della pioggia sulla terra. È una doppia benedizione: benedice chi la dà e chi la riceve”. Sono parole del “Mercante in fiera”.

Ma anche il linguaggio delle politica e della politica e delle diplomazia deve ispirarsi alla misericordia. E qui Bergoglio lancia un appello “a quanti hanno responsabilità istituzionali, politiche e nel formare l’opinione pubblica, affinché siano sempre vigilanti sul modo di esprimersi nei riguardi di chi pensa o agisce diversamente, e anche di chi può avere sbagliato”: “È facile cedere alla tentazione di sfruttare simili situazioni e alimentare così le fiamme della sfiducia, della paura, dell’odio”. Invece ci vuole “coraggio per orientare le persone verso processi di riconciliazione, ed è proprio tale audacia positiva e creativa che offre vere soluzioni ad antichi conflitti e l’opportunità di realizzare una pace duratura”.

La misericordia deve essere anche la misura del linguaggio delle Chiesa e dei vescovi che non devono mai esprimere  “l’orgoglio superbo del trionfo su un nemico, né umiliassero coloro che la mentalità del mondo considera perdenti e da scartare”. Infatti la misericordia, precisa il Papa, aiuta a mitigare” le avversità della vita” e “offrire calore a quanti hanno conosciuto solo la freddezza del giudizio”. Francesco ripete ciò che ha già detto in molte altre occasioni: “ Lo stile della nostra comunicazione sia tale da superare la logica che separa nettamente i peccatori dai giusti”. Sottolinea che si devono “giudicare le situazioni  di peccato – violenza, corruzione, sfruttamento, ecc. – ma “non le persone”, perché “solo Dio può leggere in profondità nel loro cuore”: “È nostro compito ammonire chi sbaglia, denunciando la cattiveria e l’ingiustizia di certi comportamenti, al fine di liberare le vittime e sollevare chi è caduto”. E ammonisce che “parole e gesti duri o moralistici corrono il rischio di alienare ulteriormente coloro che vorremmo condurre alla conversione e alla libertà, rafforzando il loro senso di diniego e di difesa”.

Bergoglio spiega inoltre che “comunicare significa condividere”, per cui la cosa più importante è “l’ascolto” che consente di assumere “l’atteggiamento giusto, uscendo dalla tranquilla condizione di spettatori, di utenti, di consumatori”: “Ascoltare significa anche essere capaci di condividere domande e dubbi, di percorrere un cammino fianco a fianco, di affrancarsi da qualsiasi presunzione di onnipotenza e mettere umilmente le proprie capacità e i propri doni al servizio del bene comune”. Ammette che ascoltare “non è mai facile” e a volte “è più comodo fingersi sordi”. Dunque non è la tecnologia che “determina se la comunicazione è autentica o meno, ma il cuore dell’uomo e la sua capacità di usare bene i mezzi a sua disposizione”.   Il papa denuncia che le “ reti sociali sono capaci di favorire le relazioni e di promuovere il bene della società ma possono anche condurre ad un’ulteriore polarizzazione e divisione tra le persone e i gruppi”: “ L’ambiente digitale è una piazza, un luogo di incontro, dove si può accarezzare o ferire, avere una discussione proficua o un linciaggio morale”. La parola chiave, secondo il papa, quella che connota l’incontro tra comunicazione e misericordia è “prossimità”. In questo modo la comunicazione “si prende cura, conforta, guarisce, accompagna”: “ In un mondo diviso, frammentato, polarizzato, comunicare con misericordia significa contribuire alla buona, libera e solidale prossimità tra i figli di Dio e fratelli in umanità”.

TESTO INTEGRALE

da vatincan.va

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
PER LA 50ma GIORNATA MONDIALE
DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI

 

Comunicazione e misericordia: un incontro fecondo

 

Cari fratelli e sorelle,

l’Anno Santo della Misericordia ci invita a riflettere sul rapporto tra la comunicazione e la misericordia. In effetti la Chiesa, unita a Cristo, incarnazione vivente di Dio Misericordioso, è chiamata a vivere la misericordia quale tratto distintivo di tutto il suo essere e il suo agire. Ciò che diciamo e come lo diciamo, ogni parola e ogni gesto dovrebbe poter esprimere la compassione, la tenerezza e il perdono di Dio per tutti. L’amore, per sua natura, è comunicazione, conduce ad aprirsi e a non isolarsi. E se il nostro cuore e i nostri gesti sono animati dalla carità, dall’amore divino, la nostra comunicazione sarà portatrice della forza di Dio.

Siamo chiamati a comunicare da figli di Dio con tutti, senza esclusione. In particolare, è proprio del linguaggio e delle azioni della Chiesa trasmettere misericordia, così da toccare i cuori delle persone e sostenerle nel cammino verso la pienezza della vita, che Gesù Cristo, inviato dal Padre, è venuto a portare a tutti. Si tratta di accogliere in noi e di diffondere intorno a noi il calore della Chiesa Madre, affinché Gesù sia conosciuto e amato; quel calore che dà sostanza alle parole della fede e che accende nella predicazione e nella testimonianza la “scintilla” che le rende vive.

La comunicazione ha il potere di creare ponti, di favorire l’incontro e l’inclusione, arricchendo così la società. Com’è bello vedere persone impegnate a scegliere con cura parole e gesti per superare le incomprensioni, guarire la memoria ferita e costruire pace e armonia. Le parole possono gettare ponti tra le persone, le famiglie, i gruppi sociali, i popoli. E questo sia nell’ambiente fisico sia in quello digitale. Pertanto, parole e azioni siano tali da aiutarci ad uscire dai circoli viziosi delle condanne e delle vendette, che continuano ad intrappolare gli individui e le nazioni, e che conducono ad esprimersi con messaggi di odio. La parola del cristiano, invece, si propone di far crescere la comunione e, anche quando deve condannare con fermezza il male, cerca di non spezzare mai la relazione e la comunicazione.

Vorrei, dunque, invitare tutte le persone di buona volontà a riscoprire il potere della misericordia di sanare le relazioni lacerate e di riportare la pace e l’armonia tra le famiglie e nelle comunità. Tutti sappiamo in che modo vecchie ferite e risentimenti trascinati possono intrappolare le persone e impedire loro di comunicare e di riconciliarsi. E questo vale anche per i rapporti tra i popoli. In tutti questi casi la misericordia è capace di attivare un nuovo modo di parlare e di dialogare, come ha così eloquentemente espresso Shakespeare: «La misericordia non è un obbligo. Scende dal cielo come il refrigerio della pioggia sulla terra. È una doppia benedizione: benedice chi la dà e chi la riceve» (Il mercante di Venezia, Atto IV, Scena I).

E’ auspicabile che anche il linguaggio della politica e della diplomazia si lasci ispirare dalla misericordia, che nulla dà mai per perduto. Faccio appello soprattutto a quanti hanno responsabilità istituzionali, politiche e nel formare l’opinione pubblica, affinché siano sempre vigilanti sul modo di esprimersi nei riguardi di chi pensa o agisce diversamente, e anche di chi può avere sbagliato. È facile cedere alla tentazione di sfruttare simili situazioni e alimentare così le fiamme della sfiducia, della paura, dell’odio. Ci vuole invece coraggio per orientare le persone verso processi di riconciliazione, ed è proprio tale audacia positiva e creativa che offre vere soluzioni ad antichi conflitti e l’opportunità di realizzare una pace duratura. «Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia […] Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio» (Mt 5,7.9).

Come vorrei che il nostro modo di comunicare, e anche il nostro servizio di pastori nella Chiesa, non esprimessero mai l’orgoglio superbo del trionfo su un nemico, né umiliassero coloro che la mentalità del mondo considera perdenti e da scartare! La misericordia può aiutare a mitigare le avversità della vita e offrire calore a quanti hanno conosciuto solo la freddezza del giudizio. Lo stile della nostra comunicazione sia tale da superare la logica che separa nettamente i peccatori dai giusti. Noi possiamo e dobbiamo giudicare situazioni di peccato – violenza, corruzione, sfruttamento, ecc. – ma non possiamo giudicare le persone, perché solo Dio può leggere in profondità nel loro cuore. È nostro compito ammonire chi sbaglia, denunciando la cattiveria e l’ingiustizia di certi comportamenti, al fine di liberare le vittime e sollevare chi è caduto. Il Vangelo di Giovanni ci ricorda che «la verità vi farà liberi» (Gv 8,32). Questa verità è, in definitiva, Cristo stesso, la cui mite misericordia è la misura della nostra maniera di annunciare la verità e di condannare l’ingiustizia. È nostro precipuo compito affermare la verità con amore (cfr Ef 4,15). Solo parole pronunciate con amore e accompagnate da mitezza e misericordia toccano i cuori di noi peccatori. Parole e gesti duri o moralistici corrono il rischio di alienare ulteriormente coloro che vorremmo condurre alla conversione e alla libertà, rafforzando il loro senso di diniego e di difesa.

Alcuni pensano che una visione della società radicata nella misericordia sia ingiustificatamente idealistica o eccessivamente indulgente. Ma proviamo a ripensare alle nostre prime esperienze di relazione in seno alla famiglia. I genitori ci hanno amato e apprezzato per quello che siamo più che per le nostre capacità e i nostri successi. I genitori naturalmente vogliono il meglio per i propri figli, ma il loro amore non è mai condizionato dal raggiungimento degli obiettivi. La casa paterna è il luogo dove sei sempre accolto (cfr Lc 15,11-32). Vorrei incoraggiare tutti a pensare alla società umana non come ad uno spazio in cui degli estranei competono e cercano di prevalere, ma piuttosto come una casa o una famiglia dove la porta è sempre aperta e si cerca di accogliersi a vicenda.

Per questo è fondamentale ascoltare. Comunicare significa condividere, e la condivisione richiede l’ascolto, l’accoglienza. Ascoltare è molto più che udire. L’udire riguarda l’ambito dell’informazione; ascoltare, invece, rimanda a quello della comunicazione, e richiede la vicinanza. L’ascolto ci consente di assumere l’atteggiamento giusto, uscendo dalla tranquilla condizione di spettatori, di utenti, di consumatori. Ascoltare significa anche essere capaci di condividere domande e dubbi, di percorrere un cammino fianco a fianco, di affrancarsi da qualsiasi presunzione di onnipotenza e mettere umilmente le proprie capacità e i propri doni al servizio del bene comune.

Ascoltare non è mai facile. A volte è più comodo fingersi sordi. Ascoltare significa prestare attenzione, avere desiderio di comprendere, di dare valore, rispettare, custodire la parola altrui. Nell’ascolto si consuma una sorta di martirio, un sacrificio di sé stessi in cui si rinnova il gesto sacro compiuto da Mosè davanti al roveto ardente: togliersi i sandali sulla “terra santa” dell’incontro con l’altro che mi parla (cfr Es 3,5). Saper ascoltare è una grazia immensa, è un dono che bisogna invocare per poi esercitarsi a praticarlo.

Anche e-mail, sms, reti sociali, chat possono essere forme di comunicazione pienamente umane. Non è la tecnologia che determina se la comunicazione è autentica o meno, ma il cuore dell’uomo e la sua capacità di usare bene i mezzi a sua disposizione. Le reti sociali sono capaci di favorire le relazioni e di promuovere il bene della società ma possono anche condurre ad un’ulteriore polarizzazione e divisione tra le persone e i gruppi. L’ambiente digitale è una piazza, un luogo di incontro, dove si può accarezzare o ferire, avere una discussione proficua o un linciaggio morale. Prego che l’Anno Giubilare vissuto nella misericordia «ci renda più aperti al dialogo per meglio conoscerci e comprenderci; elimini ogni forma di chiusura e di disprezzo ed espella ogni forma di violenza e di discriminazione» (Misericordiae Vultus, 23). Anche in rete si costruisce una vera cittadinanza. L’accesso alle reti digitali comporta una responsabilità per l’altro, che non vediamo ma è reale, ha la sua dignità che va rispettata. La rete può essere ben utilizzata per far crescere una società sana e aperta alla condivisione.

La comunicazione, i suoi luoghi e i suoi strumenti hanno comportato un ampliamento di orizzonti per tante persone. Questo è un dono di Dio, ed è anche una grande responsabilità. Mi piace definire questo potere della comunicazione come “prossimità”. L’incontro tra la comunicazione e la misericordia è fecondo nella misura in cui genera una prossimità che si prende cura, conforta, guarisce, accompagna e fa festa. In un mondo diviso, frammentato, polarizzato, comunicare con misericordia significa contribuire alla buona, libera e solidale prossimità tra i figli di Dio e fratelli in umanità.

Dal Vaticano, 24 gennaio 2016

Francesco

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.