Passio narrata: i Misteri nel Venerdì Santo di Ciminna

di Angelo Cucco

Una tenda si raccoglie morbida ridisegnando l’uscio di una delle case che intessono la stretta via. Parato semplice, domestico, passa inosservato nella sua quotidiana normalità. Ma al di là della cortina di buio, tradita da uno specchio, emerge d’improvviso una ieratica figura: quasi un simulacro, immobile, con le gote rigate dalla commozione.

Stabat Mater dolorosa, tra l’argento dell’aureola e i bruni capelli riecheggiano lapidari i versi dell’inno antico. Solo le lacrime, come placidi torrenti, interrompono l’incanto dell’immoto: l’umanità trionfa quando la mano sfiora quel cuore splendente, quasi percepisse la piaga del gladium.

Pensieri, veloci come le rondini che falciano l’aria, le affollano la mente: gli anni da Veronica, contati uno per uno, percorrono a passi cadenzati i sentieri della memoria e ora, mentre attende le compagne, intuisce che non sarà una processione come le altre.

Il ritorno delle celebrazioni esterne, il rifiorire dopo la pandemia, saranno segnati dal suo incedere: le sue lacrime laveranno il lutto, tergeranno le angosce, leniranno il peso delle mascherine. Il cielo rabbuiato del primo mattino le sfiora appena il volto mentre irradia di fioca luce l’incedere dei sette misteri.

Lei, ancora nascosta, sente le voci, percepisce che sta per giungere il momento in cui dovrà varcare quell’uscio, stringe tra le mani il candido lino, è pronta. I ragazzi, neri di lutto, portano in spalla la sofferenza, procedono verso il cimitero, poi tornano sui loro passi per essere accarezzati dalle note della banda… qualcuno poggia un fiore, profumato e profondo omaggio al Cristo Morto.

Finalmente la piccola chiesa di Santa Lucia, scrigno delle veroniche, si schiude lentamente e concede le nere, oranti, perle. Novelle pie donne, si sono preparate insieme, hanno accettato il proprio velo da ostendere e in silenzioso corteo si dirigono verso la Dolente. La sua solitudine, rimarcata dal rito, emerge e tuona silenziosa: Mirate, guardate, se v’è dolore pari al dolore da cui sono oppressa.

D’improvviso però il mesto corteo che celebra le redentive sofferenze si colora di scintille: da ogni angolo emergono bambini che, esulando dalle vesti e dalle gocce di sangue disegnate sul capo, racchiudono nei loro speranzosi sorrisi l’Annunzio della Pasqua al di là del dolore.

Volti, gambe, spalle di giovani collaborano alla Grande Narrazione, la rendono viva per le vie di Ciminna, gli adulti attendono il loro passaggio, si segnano, tolgono il cappello, affidano i loro sospiri. Gli occhi della donna custode della sacra chiave brillano di intenso cielo segnati dalla mascherina, anche lei, quest’anno è custode di un rito, anche lei come l’Addolorata indossa un segno. Anche il vento, scivolando oltre la Matrice, offre la sua carezza che scompiglia i neri manti, quasi a ricordare che sono destinati a cadere.

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